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I processi della prestampa
La prestampa comprende l’ampia serie di processi di preparazione dei materiali (immagini, testi, pagine ecc.) che compongono il progetto che va in stampa, in questo articolo ci occuperemo della risoluzione e delle estensioni più utilizzate per la gestione delle immagini.
La risoluzione e la profondità dei pixel
Nella fase di prestampa, la risoluzione di un’immagine digitale dipende dalle informazioni che essa contiene.
A una maggiore densità d’informazioni, corrisponde una maggiore risoluzione. Essa è anche determinata dalla profondità dei pixel.
A una maggiore profondità dei pixel corrisponde una maggiore quantità di colori disponibili e una riproduzione cromatica più accurata dell’immagine digitale.
Con un 1 bit per pixel di profondità colore l’immagine può essere soltanto bianca o nera e non può essere riprodotta a toni continui.
A 8 bit di profondità per pixel si possono avere 256 sfumature di grigio e si possono quindi riprodurre toni continui.
Con 8 bit è anche possibile riprodurre la paletta a 256 colori della riproduzione video di base, usati dai monitor dei vecchi computer. Esso genere immagini a tono continuo ma la gamma limitata rende le immagini sbiadite, è adatta quindi ai GIF.
La profondità a 24 bit genera una paletta più ampia di 16 milioni di colori, e consente una riproduzione a tono continuo più realistico, il sistema utilizza i colori primari RGB ognuno dei quali contiene 8 bit (3×8=24). Spesso è scambiato con quello ad 8 bit ma rispetto ad esso il 24 bit produce colori molto più vivaci.
A 16 bit di profondità dei pixel di ciascun canale RGB contiene 16 bit e l’immagine 48 bit (3×16), generando miliardi di colori possibili. Questa profondità di colore è adatta alla manipolazione di originali perché mantiene la massima quantità d’informazione colore possibile.
La conversione di un RGB a 24 bit in un’immagine CMYK ne genera una a 32 bit a quattro canali colore anziché tre (8×4=32). Tuttavia l’immagine finale contiene un minor numero d’informazioni rispetto a quello a 16 bit da cui deriva e i colori sono più spenti rispetto al RGB a 24 bit destinato all’uso video.

Spi, Ppi, Dpi e Lpi
La risoluzione misura il numero di pixel contenuti in un’immagine digitale e il suo valore si può esprimere in modi diversi a seconda delle situazioni e del tipo di attrezzatura utilizzata. A ogni processo corrisponde una risoluzione da valutare in fase di prestampa, tra queste abbiamo:
Gli Spi: (Sample per inch, campioni per pollice), misurano le quantità di campioni che l’ottica dello scanner acquisisce passando sull’originale. Maggior numero di campioni per pollice corrisponde una più elevata quantità di pixel per file.
I Ppi: (pixel per inch, pixel per pollice), misurano il numero di pixel visualizzati orizzontalmente e verticalmente in ogni pollice quadrato dell’immagine e quindi la loro densità. A bassa risoluzione l’immagine appare pixelata, a grana grossa non avendo abbastanza informazioni per riprodurre un tono continuo.
I Dpi: (Dots per inch, punti per pollice), misurano le quantità di punti d’inchiostro che la macchina da stampa riesce a produrre sul supporto e nell’area di un pollice quadrato e quindi la loro densità.
Nella stampa litografica offset la risoluzione standard è 300dpi, ma questo varia in base alle esigenze.
Le Lpi: (Lines per inch, linee per pollice), misurano le frequenze del retino a mezzatinta che si usa nella riproduzione di immagini a tono continuo, come fotografie.

A volte erroneamente in fase di stampa si sente parlare di dpi invece di dpi ma in realtà i 300 dpi richiesti dalle riviste per fotografie digitali, per esempio, dovrebbero essere ppi, perché l’immagine digitale non contiene punti ma pixel, in quanto i dpi dovrebbero essere utilizzati solo per specificare la risoluzione a cui l’immagine o un altro elemento grafico va stampato.