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Cos’è una reflex?
Le macchine fotografiche si chiamano reflex quando sfruttano un meccanismo a specchio riflettente che permette al fotografo di vedere direttamente dal mirino della fotocamera l’immagine, così com’è ripresa dall’obbiettivo nel momento dello scatto, durante il tempo di apertura dell’otturatore, lo specchio si alza e la luce filtrata della lente dell’obiettivo va a imprimersi sulla pellicola creando l’immagine.

- Obiettivo
- Spescchietto a 45° nella fase inattiva
- Specchietto in posizione orizzontale nelle fase di scatto
- Pentaprisma
- Mirino
- Otturatore
- Schermo digitale / Pellicola
- Diaframma
- Percorso della luce nella macchina (linea gialla tratteggiata)
L’esposizione
Una reflex da la possibilità al fotografo di impostare manualmente l’esposizione della luce (cosa che non avviene nelle macchinette classiche). L’esposizione dipende dalla quantità di luce che entra nell’obiettivo (regolata tramite il diaframma) e dal tempo di scatto d’esposizione (regolato attraverso il tempo di apertura dell’otturatore).
L’esposizione è ben bilanciata quando sulla pellicola arriva la giusta quantità di luce, nelle macchinette moderne tale esposizione è bilanciata dall’esposimetro, il quale una volta che abbiamo mirato su un oggetto ci dice (al variare dell’apertura del diaframma) quando l’esposizione è corretta o meno, nel gergo sovraesposta (troppa luce) o sottoesposta (poca luce).
Per avere una corretta esposizione bisogna combinare correttamente i tempi di scatto con quelli del diaframma, entrambi i parametri sono inversamente proporzionali e questo ci consente di scegliere quali dei due parametri privilegiare a seconda dell’effetto desiderato; per esempio un esposizione di un soggetto su un tempo di 1/125″ a f.5,6 può avere combinazione di esposizioni diverse per ottenere comunque un buon risultato:
1/100″ a f.1.8 | 1/500″ a f.2.8 | 1/250″ a f.4 | 1/125″ a f.5.6 | 1/60″ a f.8 | 1/30″ a f.16 | 1/15″ a f.32 |
Solitamente gli esposimetri sono costituiti da due lancette che indicano la corretta esposizione quando sono sovrapposte l’una all’altra e il loro movimento dipende rispettivamente dall’apertura del diaframma e dal tempo d’esposizione.
Nelle moderni reflex esso è composto da una scaletta graduata con lo “0” centrale a indicare la corretta esposizione (+ e – che stanno ad indicare sovraesposto e sottoesposto) che sarà gestita come abbiamo già detto dal diaframma e dall’otturatore.

Il diaframma
Il diaframma viene indicato con la lettera “f” e va da un valore minino di f/1.4 a un massimo di f/27: 1.4, 2, 2.8, 4, 4.5, 5.6, 6.7, 8, 11, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 21, 22, 23, 24, 25, 26, 27. Inoltre in base alla macchina e all’obiettivo il valore minimo e massimo di “f” può variare.
Andando da f/1.4 a f/27 l’apertura diminuisce (si chiude i diaframma) facendo entrare sempre meno quantità di luce, ogni variazione che per esempio va da f/4 a f/5.6 rappresenta uno stop che sta a indicare che la quantità di luce si dimezza, mentre se passiamo da f/5.6 a f/4 si raddoppia.

Scala di riferimento per gli stop:
TEMPO | 1/4 | 1/8 | 1/15 | 1/30 | 1/60 | 1/125 | 1/250 |
DIAFRAMMA | 16 | 11 | 8 | 5.6 | 4 | 2.8 | 2 |
Il tempo di esposizione o velocità di scatto va in centesimi da un tempo di 30″ (secondi) ad uno di 1/8000 (un ottomillesimo di secondo), anche qui ogni variazione dimezza o raddoppia l’esposizione. Più lo scatto è veloce più i soggetti saranno immobilizzati, più sarà lento e più verranno mossi.
Diaframma e tempo sono tra loro complementari, avendo per esempio un tempo di esposizione veloce avremmo bisogno di un apertura maggiore e viceversa. In tal modo differenti impostazioni di diaframma/tempo possono generare le stesse condizioni di esposizione.
A questo punto la domanda sorge spontanea: ma perché utilizzare valori diversi per ottenere lo stesso risultato? Cosa cambia tra apertura maggiore f/tempo di scatto veloce e apertura minore f/tempo si scatto lento?
La differenza sostanziale sta nelle diverse caratteristiche di questi due valori: una diversa apertura di diaframma implica anche una diversa profondità di campo e un diverso tempo di scatto rende in modo diverso il movimento.
La profondità di campo
La profondità di campo è la zona accettabile di nitidezza che c’è in una fotografia che riguarda il soggetto messo a fuco e lo spazio davanti e dietro di esso. Ad apertura minima la profondità di campo sarò ampia e in tal caso gran parte del fotogramma sarò nitido e chiaro, al contrario con un apertura grande la profondità di campo sarà ridotta e vedremo a fuco solo il soggetto messo a fuoco.
Ci sono però altri elementi che influiscono sulla profondità di campo: la lunghezza focale dell’obiettivo o zoom usato; la distanza tra noi e il soggetto; il punto di messa a fuoco.
Per quanto riguarda il movimento, come già detto, l’immagine è resa “mossa” con un tempo di esposizione lento, ed è invece reso “immobile” con tempo di esposizione veloce.
La pellicola e gli ISO
La pellicola viene comunemente detta per le vecchie reflex 35mm (36×24 o formato piccolo), esse sono in negativo cioè, una volta impressionate, rendono scure le luci e chiare le zone d’ombra o le parti scure.

Le pellicole o i sensori (per le reflex digitali moderne), posso avere varie sensibilità alla luce, questa sensibilità è chiamata ISO e permette al fotografo di avere tempi di scatto più veloci anche a basse condizioni di luce, va anche detto però che ISO alti comportano anche maggior granulosità (o rumore) che intacca la qualità generale della fotografia.

Anche per quanto riguarda gli ISO, il passaggio da uno all’alto si dice stop e la luce raddoppia ( da 400 a 800) o si dimezza (da 800 a 400), infine per quanto le 35mm classiche una pellicola ISO 400 è la migliore per scattare in quasi tutte le situazioni di luce.
Obiettivi
Un obiettivo è un termine generico che descrive il dispositivo ottico intercambiabile montato sulle reflex digitali e non, le sue caratteristiche principali sono quelle di apertura e luminosità, un parametro che viene indicato direttamente sopra l’obiettivo, per esempio:
Lente 20mm f/2.8 sta a indicare focale 20mm con apertura massima f/2.8 oppure, 28-70mm f/5.6 significa focale 28-70mm (quindi zoom) con apertura f/5.6 cioè non mi permette di aprire il diaframma al di sotto di f/5.6 per far entrare più luce.
La lunghezza focale espressa in millimetri, invece, sta a indicare la distanza tra la lente e il suo “fuoco” (punto dove convergono i raggi rifratti della lente) determinando il tal modo il “campo visivo” (ciò che vediamo attraverso la lente). Cioè avere un obiettivo con focale ridotta significa abbracciare un campo visivo esteso, invece avere una focale lunga (zoom) significa avere un campo visivo ridotto ma ingrandito.
Le focali degli obiettivi fanno da 14mm a 500mm (ed oltre), quelle ridotte vengono definite grandangolari perché il loro raggio di visuale è molto ampio, quelle lunghe invece sono chiamati teleobiettivi ed hanno un raggio di visuale ridotto.
Tipologie di obiettivi
![]() | Grandangolo 16-35mm Visuale ampia, ideale per paesaggi o reportage in cui c’è bisogno di inquadrare una scena molto ampia. Un loro difetto è che tendono a distorcere l’immagine. |
![]() | Focale normale 50mm Visuale in teoria simile a quella dell’occhio umano. Le lenti fisse hanno il pregio di non distorcere ne schiacciare l’immagine. |
![]() | Teleobiettivo 100-500mm Visuale che stringe in campo visivo ma portano il soggetto vicino. Ideale per ritratti o quando non è possibile fotografare un soggetto da una distanza ravvicinata, ma raramente ci si spinge oltre i 200/300mm. Un loro difetto è che tendono a schiacciare l’immagine. |
![]() | Fisheye 180° Fisheye (letteralmente: occhio di pesce) è un obiettivo fotografico o cinematografico grandangolare estremo (o ultragrandangolare) che abbraccia un angolo di campo non minore di 180° (esistono infatti fisheye che abbracciano angoli di campo superiori a 180°). |